Il mancato rispetto delle distanze legali si prescrive?

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Un tema particolarmente rilevante in materia di proprietà e rapporti di vicinato è quello delle distanze legali tra costruzioni. 

L’articolo 873 del Codice Civile stabilisce che tra edifici deve essere mantenuta una distanza minima, rinviando ai regolamenti locali la possibilità di prevedere distanze maggiori. In mancanza di diverse prescrizioni comunali o regionali, la distanza minima tra fabbricati è di 3 metri. Tuttavia, nella pratica urbanistica molti Comuni impongono distanze maggiori, di norma pari a 5 metri, al fine di garantire un migliore assetto del territorio. 

La violazione delle distanze legali si prescrive?

La risposta è no, il mancato rispetto delle distanze legali non si prescrive. Si tratta di un cosiddetto “illecito permanente”. Il vicino può chiedere in ogni momento che la costruzione o il manufatto costruito a distanza inferiore alle distanze legali stabilite dalle norme del Codice Civile e dalle norme locali venga arretrata a distanza legale o demolita. 
L’unica eccezione è l’accertamento dell’usucapione ventennale della servitù di mantenere la costruzione a distanza inferiore, ma purché l’opera fosse permanente e visibile (cosiddetta servitù apparente), sul tema però la giurisprudenza non è costante, non in tutti i casi acconsente il mantenimento della distanza minima per usucapione.  

Esempio: Tizio costruisce un garage a confine del vicino Caio. il signor Caio si accorge della costruzione dopo 15 anni, può chiedere l’arretramento del garage o la demolizione, in quanto violante la distanza di 3 metri da Codice Civile o maggiore distanza se previsto dalle norme locali  (Comunali o regionali). 

Posso richiedere un risarcimento del danno?

Si, entro 5 anni dalla costruzione dell’opera, o meglio 5 anni dal momento in cui il danno è percepibile (normalmente coincidono) applicandosi la cosiddetta responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 del Codice Civile. Tuttavia, la giurisprudenza più recente non riconosce più il danno “in re ipsa”: non basta cioè la violazione della distanza. Occorre provare un danno concreto (es. perdita di valore dell’immobile, peggioramento di luce/aria, limitazione edificatoria, immissioni dannose, ecc.).

Autore: Avvocato Carlo Alberto Labombarda

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